L’importanza del viaggio


Ho deciso di scrivere la recensione di Journey sottoforma di racconto perché non ci sono parole per esprimere in maniera diversa la magnificenza di questa esperienza. Chi l’ha vissuta potrà denigrarlo definendolo indie game da due ore per la quale spendere dodici euro è un insulto ai videogiocatori.

Ovviamente non la penso così. Penso che Journey trasmetta la vera essenza del viaggio. Ma non solo, penso anche che si possa definire una vera e propria forma d’arte.

Journey trasforma a tutti gli effetti il videogioco in una forma d’arte, una forma di comunicazione. La comunicazione delle emozioni. Non ho utilizzato “gioco” e “giocare”, ma “esperienza” e “vivere” proprio per sottolineare questa differenza.

Un ultimo avviso: se non avete ancora vissuto Journey non azzardatevi a leggere il racconto, vi toglierebbe un’importante parte dell’esperienza. Uomo avvisato…


La vita è un viaggio, viaggiare è vivere due volte.


Il vento sferza in mezzo ad una distesa di sabbia infinita. Qui mi sveglio e non so chi sono. Una luce fortissima mi acceca e realizzo trovarsi sulla cima di una montagna. Mi chiama a sé. Comincio così il mio viaggio, tra dune di sabbia, in un paesaggio colpito da un sole cocente che non lascia scampo. Qui, tra rovine ormai dimenticate scorgo un potere nuovo che mi dona la possibilità di balzare per pochi metri. La mia andatura aumenta, ed in poco tempo mi ritrovo in una vasta vallata. Al centro, un ponte ormai diroccato e spezzato crea una via attraverso le alte montagne sullo sfondo. Deciso a percorrerlo, scorgo in lontananza una sagoma a me somigliante. C’è qualcuno in questo mondo desolato? Onde generano una melodia e così rispondo a mia volta generando altre onde. Io ed il mio simile comunichiamo così, in una danza allegra e sinuosa. Con l’aiuto della mia metà ripristiniamo un tappeto magico che si estende per tutta la lunghezza del ponte. In questo modo possiamo così attraversare l’imperitura costruzione. Davanti a noi si parano delle steli con simboli che sentiamo subito appartenerci e di cui capiamo il senso. Con l’aiuto della nostra voce le attiviamo ed un fascio di luce si para dinnanzi a noi. Subito vi entriamo e come in un sogno ci compare una figura simile a noi. Uno dei saggi. Ci spiega le origini del nostro popolo trasmettendoci in prima persona le sensazioni provate a quel tempo. La sciarpa rossa è allo stesso tempo sia la nostra vita che la nostra fonte di potere. Dopo la visione immagignifica torniamo sul nostro cammino attraversando un enorme deserto.

Stando vicini, ci aiutiamo e procediamo spediti verso la luce che risplende sulla cima della montagna. Arriviamo in una valle avvolta da una tempesta di sabbia che non permette di scorgere alcunché. Improvvisamente ci si para di fronte una costruzione: una serie di torri collegate l’una all’altra, altissime si stagliano di fronte a noi. Cominciamo la scalata senza perderci d’animo. All’interno delle torri strani macchinari creano rumori sinistri e destabilizzanti. Continuiamo a salire. Finalmente arriviamo in cima. Un’altro altare, altre steli. E di nuovo un sogno. Il saggio questa volta ci spiega che, quando i nostri poteri furono al loro culmine creammo una società ad altissimo livello tecnologico. Costruimmo enormi draghi volanti che servivano per spostarci e che ci difendevano dal male. Una tale potenza non si era mai vista. Torniamo in noi e proseguiamo cavalcando strane creature, sciarpe rosse volanti, simili a mante, solcano i cieli come nuotassero nell’aria. Ci lasciano dolcemente sul terreno e proseguiamo cavalcando le onde di sabbia in una ripida discesa verso l’ignoto.

Ormai il tramonto è alle porte. La valle si restringe, rovine attorno a noi, ripide pareti scoscese creano un fiume di sabbia che domiamo con estrema facilità. Tutto è idilliaco e malinconico. Perché la nostra civiltà è svanita? Come mai è tutto in rovina? Che cosa ci attende alla fine del nostro viaggio? Le parole trovano risposta in una voragine, al termine della scoscesa valle, all’interno delle rovine un gelido abisso ci risucchia. Cadiamo così lentamente fino ad arrivare sotto le rovine, ad attenderci, un altro altare con altrettante steli. E il sogno ricomincia. Il troppo potere accumulato creò disparità che a loro volta crearono malessere e invidia, cupidigia e avarizia. I popoli usarono a scopo distruttivo gli enormi draghi per darsi battaglia e alla fine si scatenò un’enorme guerra. Non rimase nulla. I draghi impazziti distrussero la fonte del potere e della vita, e così la civiltà cessò per sempre d’esistere e venne condannata in un limbo destinato a durare per sempre.

Le rovine sottarranee assomigliano a enormi fondali marini. Le sciarpe rosse qui sono ovunque, sembrano alghe che ondeggiano. Più avanti, sentiamo strani ruggiti echeggiare nell’oscurità. Ci spingiamo oltre, per scoprire con orrore che i draghi sono ancora vivi! E ancora proteggono questi luoghi! Decidiamo quindi di giocare questo terrificante nascondino, essere scoperti però significa rischiare la vita. I draghi cercano incessantemente ogni anfratto. Io e il mio compagno voliamo dolcemente sulla sabbia e con movimenti dolci e lenti ci muoviamo tra le enormi colonne di pietra, senza farci vedere. Procediamo piano, a piccoli passi. Poi un mio errore ci mette in pericolo. Il drago di pietra ruggisce e subito si lancia all’attacco. Saltando per quanto il nostro potere lo permette ci spingiamo a perdifiato alla fine della lunga galleria, inseguiti dall’enorme creatura. Arriviamo così all’ennesimo altare. Dietro di noi il drago. Sacre scritture vedo comparire dietro di me. Una barriera inviolabile. Uno scudo contro il male. Il drago rosso ci si fionda contro, ma viene subito respinto e come fossimo diventati invisibili torna da dov’è venuto, scomparendo nell’ombra. Il bianco saggio ci narra le gesta del nostro popolo e del lungo viaggio da affrontare per espiare le proprie colpe. È quindi questo ciò per cui siamo nati. Affrontare un lungo viaggio, alla ricerca della nostra esistenza, per guarire il nostro popolo, per risanare le ferite e purificare il nostro spirito.

Di fronte a noi ora, una torre si estende verticalmente e si perde nell’infinito. Quasi non riusciamo a distinguerne la fine. Poi accade l’imprevisto. Una luce ci avvolge. Tutto fluttua intorno a noi. L’enorme torre si illumina e simboli sacri compaiono di fronte ai nostri occhi. Ci indicano la via. Levitiamo intrecciando i nostri percorsi, tutto è invaso da sciarpe rosse, come pesci fluttuano in questa luce, altre hanno forma di medusa, un’altra sembra un’enorme manta gigante. Infine in cima, un vento freddo e sferzante ci avvisa che questa è sicuramente l’ultima meta.

Tutto è bianco. Le sciarpe che prima danzavano nell’aria, ora sono congelate e affondano nella neve, incapaci di riprendersi. Anche io ed il mio compagno di viaggio sentiamo le nostre forze abbandonarci. Ma più determinati che mai proseguiamo. La montagna è sempre di fronte a noi. Non abbiamo perso la nostra meta, ed ora sappiamo qual è la nostra missione.

Proseguiamo su per un ripido e scosceso pendio. Il vento freddo rallenta la nostra salita, non curanti continuiamo. Ormai siamo allo stremo delle nostre forze. No, non possiamo arrenderci, continuiamo senza perderci d’animo. Attraverso rovine ormai abbandonate camminiamo, fino all’ennesimo pendio da risalire. E questa volta non siamo soli. Ci sono anche i draghi che scandagliano la zona. Le poche sciarpe rosse sono state polverizzate dalla potenza distruttiva di questi giganti di roccia. Continuiamo, non ci arrendiamo. Gli scheletri vuoti dei loro simili senza vita ci offrono buon riparo al loro unico occhio e alla bufera di neve. Proseguiamo, non ci arrendiamo. Superiamo anche questa avversità. Mi giro, ed il mio compagno è svanito. Lo chiamo. Deboli onde si propagano, la debole melodia si disperde nella tempesta di neve. Inutile. Le forze mi abbandonano. Ormai in ginocchio, cerco di resistere. Non ce la faccio più. Sono stanco. Mi accascio sulla neve. La mia sciarpa è quasi svanita ormai. Mi abbandono.

Il saggio. No, sono più di uno. Sono di fronte a me. Mi donano i loro poteri. Vedo la montagna e la sua luce stagliarsi sopra di me. Spicco un balzo. Una potentissima onda d’urto si propaga proiettandomi in alto, sempre più su, mi sembra quasi di toccare la montagna, supero i draghi di pietra, non possono nulla contro questo potere. Svetto sopra le nuvole, ed una valle paradisiaca si staglia di fronte ai miei occhi. E c’è anche lui, il mio compagno. È vivo. Non ci posso credere. Canta la sua canzone ed io insieme a lui. Sappiamo dentro di noi che il peggio è passato è che il nostro viaggio è al termine. La nostra sciarpa è lunghissima. Ci sentiamo vivi come non mai. Voliamo attraverso cascate, portali magici, rocce simili a colonne che sbucano dalle nuvole. Fino ad arrivare alla fessura dalla quale proviene una strana luce. La stessa luce che non abbiamo mai perso di vista da quando è iniziato il viaggio. Ci addentriamo. È sempre più vicina. Sempre più calda. Lui è accanto a me, e non ho bisogno d’altro. Insieme, svaniamo all’interno di questo tepore e ci lasciamo finalmente andare all’eterno.


Dalla valle, dall’altissima montagna, due luci vedo stagliarsi nella notte, due stelle cadenti, come mai così luminose ne ho mai viste. Mi avvolgo nella tunica e avvolgo la mia sciarpa rossa attorno al collo. Le notti nel deserto sono lunghe e fredde e domani mi aspetta un lungo viaggio. Non sarà facile, ma sento una voce dentro di me. Mi dice di raggiungere la luce sulla montagna e sono determinato. Costi quel che costi. Fosse anche la mia stessa vita.


Il vento sferza in mezzo ad una distesa di sabbia infinita. Qui mi sveglio e non so chi sono. Una luce fortissima mi acceca e realizzo trovarsi sulla cima di una montagna. Mi chiama a sé. Comincio così il mio viaggio, tra dune di sabbia, in un paesaggio colpito da un sole cocente che non lascia scampo.


31.12.2012

 

PlayStation 3 / Journey / 8.3.2012